Sul finire del 2006 venni contattato da uno studio di amici architetti, per una richiesta abbastanza singolare: nella città di San Francisco, gemellata con Assisi, era stato varato un progetto molto particolare ed ambizioso: costruire una replica fedele, solo leggermente più piccola, della Porziuncola di Santa Maria degli Angeli. Per l'esecuzione di questa opera, che si voleva il più possibile identica in ogni dettaglio all'originale, avevano bisogno di una rappresentazione fotografica molto specifica; non una semplice documentazione, ma una mappatura vera e propria, dove, mantenendo la massima costanza dimensionale e prospettica, ogni parete, soffitto, pavimento, dipinto doveva essere suddiviso in piccole porzioni (garantendo così il miglior dettaglio) contigue e combacianti, così da poter ricomporre l'intero scenario "incollandone" le parti.
Un incarico laborioso, ma non particolarmente complicato, almeno da un punto di vista concettuale. Ma mano a mano che prendevo atto della ampiezza della operazione, si presentò un problema: la basilica di Santa Maria degli Angeli, che ospita al proprio interno la Porziuncola (ma sarebbe più corretto dire che la prima è stata edificata come scrigno per custodire la seconda), è aperta tutti i giorni ai visitatori, e non sarebbe stato concepibile eseguire la documentazione sopra descritta in presenza di pubblico. In particolare si rendeva necessario togliere tutte le panche, svestire l'altare, rimuovere suppellettili, e così via, tutte attività che non si sarebbero conciliate con la normale funzione devozionale, o anche solo turistica, del sito.
Rimaneva la notte, ma i frati, pur mostrandosi motivati e disponibili, stentavano a cogliere l'entità dell'intervento; noi fotografi del resto siamo abituati a veder sottostimare l'impegno di servizi di questa natura, il più delle volte il cliente pensa che in un'ora puoi fare quello che nei fatti ne richiederà dieci, e allo stesso tempo l'avanzata degli strumenti tecnici ha instillato in molti la convinzione che oramai sia tutto estremamente rapido e banale. Feci un sopralluogo, mi consultai con la committente (la vice-sindaca di San Francisco, promotrice del progetto, che soggiornò ad Assisi per tutto il tempo dell'operazione), e iniziai con la parte del servizio meno invasiva e che poteva essere svolta nel normale orario. Nello specifico: tutti i prospetti esterni, i relativi dipinti, il campanile, il tetto, le finestre, tutto quello in pratica che non richiedeva nulla di più della fotocamera e un treppiedi, e, mentre svolgevo questa prima parte, cominciai a tastare il terreno su quello che sembrava un tabù invalicabile: avere accesso al sito di notte, senza turisti e fedeli tra i piedi.
La richiesta trovò nei religiosi una grande riluttanza, e potevo capirlo. Quello che per me era solo il luogo in cui svolgere un lavoro, per chi lo custodiva rappresentava e rappresenta uno dei luoghi più sacri della cristianità, e una delle gemme artistiche più preziose. La questione rimase sospesa per qualche giorno, ma alla fine venne risolta a nostro favore, e si giunse alla fatidica concessione, seppure per una sola, unica, e irripetibile nottata.
Sarebbe stata una lotta contro il tempo, lo sapevo bene, e non mi sbagliavo. Mi assicurai due giovani collaboratori (il fidato ed efficiente Marco, e una studentessa straniera appassionata di fotografia cui non parve vero di partecipare a una simile avventura), e preparai thermos di caffè, e generi di conforto. Il frate francescano che si apprestava a chiuderci dentro, con grande garbo e un bel sorriso, mi fece il discorsetto:
- E' dai tempi della guerra che nessun estraneo passa la notte nella nostra chiesa; è un luogo sacro, confidiamo nella vostra capacità di portargli il dovuto rispetto...
E attivò l'allarme, incarcerandoci di fatto fino alle sei del mattino, orario che allora ci parve molto lontano, ma che arrivò fin troppo presto, come già anticipato. Liberammo l'interno della chiesetta, e iniziai a percorrere, come uno scanner, tutte le superfici; posizionavo il treppiedi prendendo i dovuti riferimenti e scattavo una serie di foto; poi alzavo la colonna e ripetevo il tutto per la fascia superiore della parete; a quel punto mi spostavo lateralmente di mezzo metro e ripetevo l'operazione, e così via fino ad esaurire tutte le prospettive. Assieme alla macchina ovviamente si spostavano i flash con i rispettivi stativi, e il relativo groviglio di cavi e prolunghe. Fogli di appunti, caricabatterie, laptop, tutto andava fatto con ordine e logica, pena tralasciare qualcosa di importante, sempre tenendo in mente la missione principale: consentire agli artigiani che avrebbero messo in atto il progetto di vedere con chiarezza ogni minimo dettaglio; se tra due pietre c'era un chiodo storto, un fabbro californiano avrebbe dovuto forgiarne uno uguale. Letta in questa ottica l'impresa può rivelarsi titanica; ogni oggetto tridimensionale va visto nelle varie prospettive; la pala di Prete Ilario non è più importante della staffa che la sorregge; una semplice finestrella si declina in visione frontale, strombatura (da rappresentare nelle rispettive ortogonalità), infisso, ferratura del medesimo, e così via.
E di tutto, con metri e fettucce, rilevavamo le quote, al fine di conservare nelle rappresentazioni di insieme (ottenute sommando i parziali) le esatte proporzioni, cosa non scontata vista la tendenza degli obiettivi grandangolari ad allargare, devastando le geometrie. Mi sto dilungando nei dettagli tecnici solo per far capire meglio la laboriosità del lavoro, e come sia stato possibile ritrovarsi a poche decine di minuti dalla apertura della chiesa ancora in alto mare; tutta l'attrezzatura sparpagliata, le panche disseminate nella navata della chiesa principale, un milione di cose da raccogliere, e ultimi scatti ancora da fare. Ma, raccogliendo le ultime forze, a capo basso, siamo riusciti a portare la nave in porto con cronometrica precisione. Quando il frate gentile e sorridente ci ha aperto la porta, la distesa dei borsoni era in ordinata attesa di salire in macchina.
Alla fine consegnai alla mia committente più di 500 scatti. Quelli che raffiguravano i dipinti sono stati trasferiti in altissima risoluzione su Pictografia dagli amici di Bottega Tifernate; tutti gli altri sono serviti da modello per la realizzazione dello straordinario clone della Porziuncola Nuova, come è stata chiamata la replica americana del nostro monumento, inaugurata nel settembre del 2008.
(Da Wikipedia):
Porziuncola in America
In San Francisco, California, there is a replica of the Porziuncola Chapel. The Archdiocese of San Francisco built a 78% scale copy of the original chapel in a former gymnasium adjoining the Church of the National Shrine of St. Francis of Assisi in The City's North Beach District. It opened in September 2008 and in 2010 was placed under the care of the Capuchin Franciscan friars of the Western American Province.
Post scriptum:
Dal commento in Facebook di un amico apprendo che l’esito finale del lavoro non è stato all’altezza delle aspettative, e se un po’ mi dispiace per aver partecipato alla cosa, d’altro canto mi fa piacere pensare che l’originale mantiene intatta la propria supremazia!
Un incarico laborioso, ma non particolarmente complicato, almeno da un punto di vista concettuale. Ma mano a mano che prendevo atto della ampiezza della operazione, si presentò un problema: la basilica di Santa Maria degli Angeli, che ospita al proprio interno la Porziuncola (ma sarebbe più corretto dire che la prima è stata edificata come scrigno per custodire la seconda), è aperta tutti i giorni ai visitatori, e non sarebbe stato concepibile eseguire la documentazione sopra descritta in presenza di pubblico. In particolare si rendeva necessario togliere tutte le panche, svestire l'altare, rimuovere suppellettili, e così via, tutte attività che non si sarebbero conciliate con la normale funzione devozionale, o anche solo turistica, del sito.
Rimaneva la notte, ma i frati, pur mostrandosi motivati e disponibili, stentavano a cogliere l'entità dell'intervento; noi fotografi del resto siamo abituati a veder sottostimare l'impegno di servizi di questa natura, il più delle volte il cliente pensa che in un'ora puoi fare quello che nei fatti ne richiederà dieci, e allo stesso tempo l'avanzata degli strumenti tecnici ha instillato in molti la convinzione che oramai sia tutto estremamente rapido e banale. Feci un sopralluogo, mi consultai con la committente (la vice-sindaca di San Francisco, promotrice del progetto, che soggiornò ad Assisi per tutto il tempo dell'operazione), e iniziai con la parte del servizio meno invasiva e che poteva essere svolta nel normale orario. Nello specifico: tutti i prospetti esterni, i relativi dipinti, il campanile, il tetto, le finestre, tutto quello in pratica che non richiedeva nulla di più della fotocamera e un treppiedi, e, mentre svolgevo questa prima parte, cominciai a tastare il terreno su quello che sembrava un tabù invalicabile: avere accesso al sito di notte, senza turisti e fedeli tra i piedi.
La richiesta trovò nei religiosi una grande riluttanza, e potevo capirlo. Quello che per me era solo il luogo in cui svolgere un lavoro, per chi lo custodiva rappresentava e rappresenta uno dei luoghi più sacri della cristianità, e una delle gemme artistiche più preziose. La questione rimase sospesa per qualche giorno, ma alla fine venne risolta a nostro favore, e si giunse alla fatidica concessione, seppure per una sola, unica, e irripetibile nottata.
Sarebbe stata una lotta contro il tempo, lo sapevo bene, e non mi sbagliavo. Mi assicurai due giovani collaboratori (il fidato ed efficiente Marco, e una studentessa straniera appassionata di fotografia cui non parve vero di partecipare a una simile avventura), e preparai thermos di caffè, e generi di conforto. Il frate francescano che si apprestava a chiuderci dentro, con grande garbo e un bel sorriso, mi fece il discorsetto:
- E' dai tempi della guerra che nessun estraneo passa la notte nella nostra chiesa; è un luogo sacro, confidiamo nella vostra capacità di portargli il dovuto rispetto...
E attivò l'allarme, incarcerandoci di fatto fino alle sei del mattino, orario che allora ci parve molto lontano, ma che arrivò fin troppo presto, come già anticipato. Liberammo l'interno della chiesetta, e iniziai a percorrere, come uno scanner, tutte le superfici; posizionavo il treppiedi prendendo i dovuti riferimenti e scattavo una serie di foto; poi alzavo la colonna e ripetevo il tutto per la fascia superiore della parete; a quel punto mi spostavo lateralmente di mezzo metro e ripetevo l'operazione, e così via fino ad esaurire tutte le prospettive. Assieme alla macchina ovviamente si spostavano i flash con i rispettivi stativi, e il relativo groviglio di cavi e prolunghe. Fogli di appunti, caricabatterie, laptop, tutto andava fatto con ordine e logica, pena tralasciare qualcosa di importante, sempre tenendo in mente la missione principale: consentire agli artigiani che avrebbero messo in atto il progetto di vedere con chiarezza ogni minimo dettaglio; se tra due pietre c'era un chiodo storto, un fabbro californiano avrebbe dovuto forgiarne uno uguale. Letta in questa ottica l'impresa può rivelarsi titanica; ogni oggetto tridimensionale va visto nelle varie prospettive; la pala di Prete Ilario non è più importante della staffa che la sorregge; una semplice finestrella si declina in visione frontale, strombatura (da rappresentare nelle rispettive ortogonalità), infisso, ferratura del medesimo, e così via.
E di tutto, con metri e fettucce, rilevavamo le quote, al fine di conservare nelle rappresentazioni di insieme (ottenute sommando i parziali) le esatte proporzioni, cosa non scontata vista la tendenza degli obiettivi grandangolari ad allargare, devastando le geometrie. Mi sto dilungando nei dettagli tecnici solo per far capire meglio la laboriosità del lavoro, e come sia stato possibile ritrovarsi a poche decine di minuti dalla apertura della chiesa ancora in alto mare; tutta l'attrezzatura sparpagliata, le panche disseminate nella navata della chiesa principale, un milione di cose da raccogliere, e ultimi scatti ancora da fare. Ma, raccogliendo le ultime forze, a capo basso, siamo riusciti a portare la nave in porto con cronometrica precisione. Quando il frate gentile e sorridente ci ha aperto la porta, la distesa dei borsoni era in ordinata attesa di salire in macchina.
Alla fine consegnai alla mia committente più di 500 scatti. Quelli che raffiguravano i dipinti sono stati trasferiti in altissima risoluzione su Pictografia dagli amici di Bottega Tifernate; tutti gli altri sono serviti da modello per la realizzazione dello straordinario clone della Porziuncola Nuova, come è stata chiamata la replica americana del nostro monumento, inaugurata nel settembre del 2008.
(Da Wikipedia):
Porziuncola in America
In San Francisco, California, there is a replica of the Porziuncola Chapel. The Archdiocese of San Francisco built a 78% scale copy of the original chapel in a former gymnasium adjoining the Church of the National Shrine of St. Francis of Assisi in The City's North Beach District. It opened in September 2008 and in 2010 was placed under the care of the Capuchin Franciscan friars of the Western American Province.
Post scriptum:
Dal commento in Facebook di un amico apprendo che l’esito finale del lavoro non è stato all’altezza delle aspettative, e se un po’ mi dispiace per aver partecipato alla cosa, d’altro canto mi fa piacere pensare che l’originale mantiene intatta la propria supremazia!